I SILENZI DEGLI INNOCENTI

 

CON “GUIDO ROSSA, MIO PADRE” E’ L’ALTRO LIBRO CHE DA’ LA PAROLA PER LA PRIMA VOLTA ALLE VITTIME DEL TERRORISMO E AI LORO FAMILIARI

 

“A volte arrivo a pensare che quello che fecero durante gli anni di piombo è assai meno devastante di quello che stanno facendo oggi per occultare la verità.

E quello che fa ancora più rabbia, è che lo fanno con gli strumenti di quello stesso potere che ieri volevano abbattere con le armi.”
Giovanni Berardi, figlio di Rosario, ucciso dalle Br

Le stragi nere di Piazza della Loggia e del treno Italicus. Le persone rapite, gambizzate, giustiziate dal terrorismo rosso.

Il massacro alla stazione di Bologna…

Tutto viene raccontato attraverso le parole di chi era lì e si è salvato per miracolo.

Questo è un libro costruito sui silenzi, sulla memoria, sull’intollerabilità di certi ricordi: dà voce a chi non l’ha mai avuta.

Perché finora hanno parlato i protagonisti negativi degli anni di piombo.

Le vittime e i loro familiari sono stati invece dimenticati.

Leggere le loro storie e le loro verità fa male ed emoziona.

«IN BOZZE. Br, voce alle vittime. (…) Nell’editoria si segnala una felice inversione di tendenza. Dopo la roboante -talvolta irritante- esposizione mediatica dei terroristi, finalmente si dà parola alle vittime. Ai famigliari di chi perse la vita in stragi e attentati, ma anche ai sopravvissuti e a chi per caso la scampò. I silenzi degli innocenti è il titolo provocatorio d’un volume di Giovanni Fasanella, annunciato dalla Bur per settembre. «Il nostro», scrive il giornalista, «rischia di essere l’unico paese al mondo dove paradossalmente la storia la si lascia scrivere ai carnefici». Trent’anni di terrore, quasi seicento morti e cinquemila feriti, e il calvario dei familiari, il più delle volte dimenticati. Venti testimonianze restituiscono voce a chi non l’ha mai avuta»

(Simonetta Fiori, La Repubblica)

«I silenzi degli innocenti racconta amici e familiari delle vittime del terrorismo, da Bologna al caso Moro (…) Stragi e omicidi, trent’anni di buio in un libro la Spoon River del terrore (…) Una guerra strisciante e destini che si compiono, la vita e poi la violenza sovrana (…) Una ventina di testimonianze da leggersi una appresso all’altra, come un volume di preghiere (…) Un coro immane di sacrificati, un’angosciosa seduta di autocoscienza su quel male italiano (…) Familiari di vittime illustri, come Coco e Moro, Tobagi e D’Antona; e tanta gente senza volto e senza nome (…) La maledetta voglia, intanto, di capire che cosa è accaduto. Le mille domande terribili, la sensazione che “dietro” quel sangue ci sia qualcosa o qualcuno. Verità e giustizia: aprire gli archivi, abolire il segreto di Stato. Ma forse anche, come in Sudafrica, far coincidere la verità possibile con il possibile perdono. 

Perchè poi, viene da pensare chiudendo il libro, ciò che fa male non è tanto che lo Stato abbia lasciato sole le vittime. Ciò che addolora è che non approfitti delle loro storie, del loro esito così vario, della loro intatta purezza, della loro esemplare umanità, per diventare un po’ più civile, un po’ meno selvaggio di quello che è»

(Filippo Ceccarelli, La Repubblica)

«”Noi vittime due volte, dei terroristi e dello Stato”. (…) Sullo sfondo ci sono il sangue e la morte degli anni di piombo. In primo piano, le vite affannate di chi è rimasto: gli orfani, le vedove. Muti, silenziosi, lontani dai bagliori della cronaca. I sopravvissuti non fanno notizia. Al massimo i mass media pongono loro la solita ottusa domanda: “E’ disposto a perdonare gli assassini di suo marito o di suo padre?” E invece questi uomini e queste donne di cose da raccontare ne hanno tante. tantissime. Il dolore, anzitutto, che ancora, a distanza di anni, li imprigiona; le umiliazioni patite: tante, troppe, piccole e grandi, pungenti come spilli; lo spaesamento provato nel vedere gli assassini di ieri coccolati, riveriti, ambiti. E poi l’odio verso quel nemico cieco e implacabile chiamato burocrazia, che tutto livella e niente rispetta e finisce col calpestare anche quel po’ di memoria residua.

Dopo tanti saggi e pamphlet di ex Br e Prima Linea ira saltiamo dall’altra parte del bancone e ascoltiamo loro; venti storie messe in fila da Giovanni Fasanella e Antonella Grippo (…) Un documento impressionante che colma un vuoto nella memorialista e ci fa conoscere meglio l’Italia. (…)

(Stefano Zurlo, il Giornale)

«Anni di piombo senza memoria. 

Nel momento in cui l’improvviso riemergere dell’incubo Brigate rosse suona come un forte monito contro il progressivo sfaldamento della memoria collettiva circa gli anni bui del terrorismo e delle stragi, e contro il conseguente rischio della confusione dei confini tra chi ha subito e chi ha provocato tante violenze e tanti dolori, a maggior ragione si sentiva il bisogno di una iniziativa come quella di Giovanni Fasanella e Antonella Grippo. I quali, grazie a una serie di interviste trasformate in racconti di vita hanno dato voce sia alle vittime di quella terribile stagione sia ai loro familiari. E, per questa via, hanno fatto emergere un mosaico singolarmente vario di vicende umane, di ricordi personali, di notizie anche inedite, che nel loro comporsi e, spesso, nel loro concatenarsi restituiscono l’immagine intensa e vissuta di due tragici decenni della recente storia italiana, fino ai sussulti degli ultimi anni.

Spaziando dalla strage di Piazza Fontana (1969) alla strage della stazione di Bologna (1980) e passando attraverso una nutrita panoramica di delitti compiuti dalle Brigate rosse, dal sequestro Sossi (1974) fino all’omicidio D’Antona (1999) gli autori ripercorrono le cronache di quegli anni -con l’ausilio delle loro fonti di prima mano- lungo il filo insanguinato degli eccidi, degli attentati e degli assassinii che segnarono in modo profondo la vita politica e sociale del nostro Paese. Da questo punto di vista, il volume dispone di una duplice esigenza di maturazione della coscienza civile. 

La prima esigenza, ovvia ma imprescindibile di fronte alla imbarazzante ignoranza di molti giovani, è quella di mantenere vivo il senso storico di una stagione non proprio remota, durante la quale il fanatismo politico di matrice nera o rossa ha cercato di mettere in crisi la nostra ancor giovane democrazia, ora colpendo alla cieca tra cittadini sconosciuti, ora mirando contro gli uomini più rappresentativi delle istituzioni. (…)

La seconda esigenza, collegata alla prima, è quella di non disperdere la ricchezza dei ricordi e delle testimonianze provenienti dai sopravvissuti o dai familiari delle vittime, in virtù dei quali è ancora oggi possibile ricostruire quasi in presa diretta l’atmosfera di quei giorni: le angosce e le incertezze, ma anche il coraggio e la dignità dei molti che seppero non cedere al ricatto della follia terroristica. (…)

Un volume vibrante, ricco di forti emozioni, e tuttavia dominato da una nota di amarezza, comune a tutte voci che vi sono documentate. E’ l’amarezza inerme delle vittime (…) che si sentono dimenticate, ridotte al silenzio, ed anzi spesso mortificate di fronte all’enfasi con cui diversi personaggi, all’epoca condannati come i loro “carnefici”, vengono accolti e persino celebrati da un’opinione pubblica ignara o immemore del passato. Ma ciò che suscita soprattutto indignazione è il fenomeno di un certo “arrogante” riciclaggio politico e sociale di cui sono tuttora protagonisti parecchi ex appartenenti all’estremismo violento e terroristico. I quali, per usare le parole di Giovanni Berardi, figlio di Rosario, maresciallo di polizia ucciso dalle Br, puntano ad occultare la verità, e «lo fanno con gli strumenti di quello stesso potere che ieri volevano abbattere con le armi».

(Vittorio Grevi, Corriere della Sera)

La Coautrice

Antonella Grippo

Antonella Grippo è insegnante. Questo è il suo primo libro.